1. Il Biscione di Milano
Storia narra che il simbolo di Milano, il “Biscione”, derivi da un drago di nome Tarantaso che, in epoca medievale, abitava in una grotta vicino al lago Gerundo (nelle vicinanze di Lodi).
Il drago si nutriva di bambini e aveva un fiato pestilenziale, il quale era la causa della misteriosa febbre gialla.
La leggenda narra che, dopo infiniti tentativi falliti di uccidere l’immonda creatura, a riuscire nell’impresa fu Uberto Visconti, capostipite della sua casata, che, per celebrare la sua impresa, volle come stemma proprio un biscione con in bocca un bambino.
2. Piazza Sant’Eustorgio: la statua dedicata a San Pietro Martire
Se vi capita di passare in Corso di Porta Ticinese, nella piazzetta antistante alla chiesa di Sant’Eustorgio si può notare una statua di un santo… con una spada conficcata nella testa!
Si tratta del frate Pietro da Verona, più conosciuto come San Pietro Martire. Nel 1250 il suddetto padre fu nominato Inquisitore di Milano e Como da papa Innocenzo IV, con il compito di coordinare i processi della Santa Inquisizione che erano stati affidati ai domenicani della basilica di sant’Eustorgio. I processi e le condanne a eretici, streghe e stregoni di tutta la Lombardia avvenivano interamente nella zona in cui oggi sorge il parco di Piazza Vetra, proprio dietro l’antica basilica. Pietro da Verona aveva la fama di essere crudele e molto diligente nello svolgimento del compito assegnatogli, così i processi e le condanne per eresia crebbero in maniera esponenziale subito dopo la sua nomina. Furono talmente tante da spingere un gruppo di eretici a preparare un attentato contro Pietro da Verona, solamente un anno dopo la sua nomina.
Fu così che, nel 1252, Pietro cadde vittima di un agguato mentre era di ritorno da Como, colpito mortalmente da una falcettata alla testa. Per questa ragione diventò un santo martire e la statua che lo rappresenta è così inquietante!
3. Porta Nuova: il fantasma di Bernarda Visconti
Numerosi sono gli avvistamenti di fantasmi a Milano, ma quello più inquietante è forse l’anima vagante di Bernardina Visconti, per la sua triste e tragica morte.
Bernardina era figlia illegittima di Bernabò Visconti: era il frutto di una notte di passione che egli ebbe con una cortigiana. Bernardina era una fanciulla bellissima e sognava il vero amore: lo trovò in un cortigiano, che ricambiava i suoi sentimenti. La fanciulla, però, era stata costretta dal padre a sposare un uomo che odiava, con cui i rapporti furono tesi fin dal giorno delle nozze. Scoperto l’adulterio, il crudele padre la rinchiuse in una delle due torri che sorreggono le arcate di Porta Nuova e la lasciò morire di fame. La morte sopraggiunse dopo sette lunghi mesi di agonia, il 4 ottobre 1376. L
e due torri oggi non esistono più, ma testimonianze dicono di aver visto il fantasma di una fanciulla in abiti medievali aggirarsi tra i cortili di Santa Radegonda e le arcate di Porta Nuova, in cerca della pace che in vita non ha avuto.
4. Via Bagnera
La “stretta Bagnera” è una viuzza piccolissima, alquanto inquietante, in pieno centro a Milano, che collega via Santa Marta con via Nerino.
Questa è stata il luogo in cui si sono compiuti gli omicidi del primo serial killer europeo, Antonio Boggia: egli addirittura operò trent’anni prima del suo celeberrimo collega Jack lo Squartatore. Un primato di Milano alquanto inquietante.
Antonio Boggia sembrava un uomo anziano per bene, amante del lusso e della bella vita: così conquistava la fiducia delle vittime prescelte. Con la scusa di voler mostrare loro la sua collezione di pezzi di antiquariato, l’omicida portava le ignare prede in uno scantinato di via Bagnera per farle a pezzi. La polizia riuscì ad arrestarlo grazie alla testimonianza di una malcapitata che aveva avuto la fortuna di scappare dal carnefice. Antonio Boggia fu così accusato di circa una decina di omicidi commessi in altrettanti anni e fu impiccato nel 1862, forse una delle ultime esecuzioni capitali avvenute nel nostro paese.
5. San Bernardino alle Ossa
Il luogo più inquietante della città è la chiesa di San Bernardino alle Ossa, che si trova in piazzale Santo Stefano (proprio alla fine di via Festa del Perdono, vicinissima a Piazza Fontana). San Bernardino alle Ossa fu eretta nel 1269, vicino all’ospedale di via Brolo, dove venivano curati i lebbrosi, e a un cimitero-ossario costruito appositamente per ospitare le vittime di questa terribile malattia. Nel 1626 la chiesa fu in parte ricostruita (a cambiare fu soprattutto la facciata) e si allargò fino a occupare lo spazio che prima era del cimitero: da qui la decisione delle macabre decorazioni.
Appena entrati in questo luogo di culto, si respira un’atmosfera alquanto rilassata: le pareti bianche, le grandi finestre dalle quali filtrano i raggi del sole fanno pensare a una chiesa come tante altre, ma solo a prima vista. Tornando vicino all’ingresso, però, un cartello ci indica l’ossario. Dopo un breve e stretto corridoio, ecco che si accede a una cappella che definire macabra è un eufemismo: tutte le pareti sono ricoperte di ossa e teschi umani, appartenenti a coloro i quali erano stati sepolti nel cimitero su cui è stata costruita la chiesa, che creano sinistri ghirigori e croci decorative. Lo spazio è piccolo, angusto e anche l’aria che si respira mette i brividi. Ma non ci sono ossa solo sulle pareti: l’altare è pieno di teschi dentro a teche di vetro, ovvero i resti di alcuni condannati a morte, anche loro risalenti al XIII secolo. Come se non bastasse, una spaventosa leggenda narra che un teschio appartenente a una bambina, che si trova a destra dell’altare, la notte del 2 novembre prenda vita, invitando tutti gli altri scheletri a inscenare una macabra danza che dura tutta la notte.
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